Regia
Martin Scorsese
Cast
Robert De Niro,
Ray Liotta,
Joe Pesci,
Samuel L. Jackson,
Lorraine Bracco,
Frank Sivero,
Paul Sorvino,
Chuck Low,
Frank DiLeo,
Gina Mastrogiacomo,
Tony Darrow,
Debi Mazar,
Julie Garfield,
Michael Imperioli,
Mike Starr
Sceneggiatura
Martin Scorsese, Nicholas Pileggi
(dal romanzo di Nicholas Pileggi)
Musica
Artisti vari
Fotografia
Michael Ballhaus
Premi
Premio Oscar
Attore non protagonista (Joe Pesci)
Nomination all'Oscar
Film, Regia, Attrice non protagonista (Lorraine Bracco), Sceneggiatura, Montaggio
Premio César
Miglior film straniero (nomination)
Fesatival di Venezia
Regia (Palma d'argento)
Vita di un gangster, dalle sue giovanili frequentazioni dell'ambiente mafioso, passando per un'esistenza praticata al delitto, fino all'autodenuncia dei suoi misfatti in un ufficio dell'FBI.
Dopo Mean Streets diretto nel 1973, Scorsese ritorna sul tema della mafia italo-americana in un film dettato da cadenze tipiche di un'autobiografia. Molto violento nelle immagini e nei dialoghi, lavora attorno all'idea gangsteristica; tralascia volutamente il quasi scontato concetto della mafia espresso attraverso la figura del boss o dei calibri da novanta, per addentrarsi in una cronologica esposizione che mette in avanti la figura del gregario, l'ascesa verso il potere, la debolezza delle parti e di conseguenza il tradimento. Non giustifica né condanna le azioni criminose, ma le esprime, anche nelle forme visive più esecranti, in una rassegna quasi didattica su come l'attività delinquenziale sia abitudinaria ad una routine quotidiana e sullo stesso livello di un "normale lavoro". Grande spazio al particolare, all'uso degli atteggiamenti, alla maniera di vita, al descrizionismo personale, alle differenze familiari. Gli attori sono bravi (come il titolo), la tecnica di ripresa è da applausi, ma globalmente si ha l'impressione di assistere a qualcosa di tortuosamente (e volutamente) indolente. Il filo conduttore è alienante in una narrazione che appare soltanto come rassegna di episodi; non c'è ricerca sul perché, ma solo avvenimenti, i cui contenuti danno l'impressione di essere inscatolati e pronti a un descrizionismo che passa esclusivamente attraverso immagini ripugnanti e dialoghi triviali. Troppo facile, ma questa è la prassi dei film scorsesiani, dove una ossessionata e continua ricerca dell'originalità e del diverso è sempre presente; o la si accetta a priori o si rifiuta del tutto. Diede scandalo per la scurrilità del linguaggio e di alcune scene oltre il limite della viloenza raffigurata e la censura intervenne con leggere modifiche nell'opening; in Italia, visione libera per tutti. Il film è al secondo posto di una strana classifica assai discutibile, dedicata ai film con il linguaggio più osceno: dopo aver ottenuto il primato assoluto con 287 turpitudini, è stato superato l'anno seguente da Jungle Fever di Spike Lee con 292; e ha perso anche quello della parola "cazzo" ripetuta nel film ben 246 volte alla media di una ogni 28 secondi (in un film che dura 145 minuti) a favore di Le iene di Tarantino, dove la nobile espressione è apostrofata 254 volte alla media di una ogni 24 secondi, ma qui il film è più corto. Complimenti vivissimi.
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Original track music
"Rags to Riches"
(Jerry Ross e Richard Adler)
Tony Bennett
0.30 - 236 KB wav
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