Per intervistare una donna in rotta con il suo popolo, giornalista francese è inviata in Afghanistan, in piena zona di guerra. Sequestrata e imprigionata dai talebani, è liberata dalle Forze Speciali inviate dal Governo, che però perdono i contatti per il rientro. Per uscire dal paese, il gruppo sarà costretto a un vero tour de force, pericolosissimo, sempre inseguiti dai rivoltosi.
Quando si pensava che solo Hollywood vantasse l'esclusiva per gli action-movie, in particolare per quelli a riferimento della crisi medio-orientale, ecco pronta una produzione francese, che per allestimento e impostazione non ha nulla da invidiare ai blockbuster americani. Diretto dall'esordiente documentarista televisivo Stéphane Rybojad, il film si mostra come assunto di guerra carico di tensione generica e introspezioni psicologiche. Lo script è facile e condito di retorica, appoggiato ai continui sequestri operati in quelle zone a danno degli stranieri, in particolare i giornalisti. Seppur compassato in un itinerario narrativo che avanza col passo dell'elefante, tipico della cinematografia francese, possiede ritmo reale per le scene d'azione e ottima organizzazione nel modello militare, abilmente inscenato grazie alla supervisione del colonnello Fouquereau, inviato dal Ministero per dar lustro alle forze armate francesi. Scenari suggestivi e interpretazioni credibili. Finale a doppia sequenza.