Zack Snyder,
Steve Shibuya
(dal soggetto di Zack Snyder)
Musica
Tyler Bates,
Marius De Vries
Dopo aver ucciso la figliastra, un tizio fa rinchiudere la sorella in manicomio. La poverina medita la fuga che mette in atto attraverso la propria fantasia.
Dopo aver riscosso discreto successo con le regie di Watchmen e 300, due lavori ispirati a storie già note, in teoria facili da gestire, Zack Snyder tenta la carta del soggetto autonomo da lui stesso scritto sceneggiato e diretto. Il risultato è bislacco e manifesta tutta la scarsezza di un regista frettolosamente osannato, incapace di narrare e quindi di proporre. Film assente di messaggi, privo di significato, balordo e carnevalesco; un videogioco fabbricato sulla ripetizione all'infinito, del quale non si capisce neppure il genere, addensato tra thriller, dramma, fantasy, horror, fantascienza, azione, bellico e persino western. In un delirio psicoanalitico parte, ma non si comprende dove arriva, arrangiato su tematiche a riguardo della vita trasformata in guerra perenne contro il destino avverso, costruite su concetti resi solidi da frenesie, sogni e furore psichedelico. Computer-grafica a tamburo, impianto scenografico barocco di ambientazione plumbea-notturna, fracasso al posto della musica, creature mostruose di ogni tipo, personaggi vuoti con belle pupe che si mostrano, scorazzano, sparano, ammazzano e giocano col fuoco. E' il cinema dei nuovi geni, quelli disposti a far vedere senza adoperarsi per far capire.