LADRI DI BICICLETTE
Anno: 1948 Produzione: Produzioni De Sica
Regia:
Vittorio De Sica
Sceneggiatura:
(dal romanzo di Luigi Bartolini e dal soggetto di Cesare Zavattini)
Vittorio De Sica Cesare Zavattini
Suso Cecchi D'Amico
Oreste Biancoli
Adolfo Franci
Gerardo Guerrieri
Fotografia: Carlo Montuori
Musica: Alessandro Cicognini
Cast:
Lamberto Maggiorani
Enzo Staiola
Lianella Carell
Gino Saltamerenda
Vittorio Antonucci
Giulio Chiari
Memmo Carotenuto
Elena Altieri
Carlo Jachino
Michele Sakara
Emma Druetti
Fausto Guerzoni
Giulio Battiferri
Ida Bracci Dorati
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A Roma, nell'immediato dopoguerra, padre disoccupato con moglie casalinga, ottiene dall'ufficio di collocamento il lavoro di attacchino comunale; ma serve la bicicletta. La riscattano dal monte dei pegni in cambio di alcune lenzuola, ma nel primo giorno di lavoro gliela rubano. Dopo l'infruttuosa denuncia alla polizia, padre e figlio piccolo iniziano una personale ricerca tra le strade di una città insensibile e avversa. Non la trovano e lui, disperato, prova a rubarne una, ma gli va male; sconsolato, prende la strada della rassegnazione.
In un'ipotetica scala di valori, assieme a Roma città aperta (1945), è da considerare tra le alte vette del neorealismo italiano. Nel miglior risultato del sodalizio Zavattini-De Sica, adattato dal romanzo omonimo (1946) di Luigi Bartolini, resoconto in stile altamente drammatico del disagio sociale, familiare ed esistenziale, immerso nel segno rappresentativo di una città, ma soprattutto di una nazione ancora in ginocchio dopo gli esiti infausti della guerra. La cinepresa rincorre l'inconsolabile, furioso e poi rassegnato vagare dell'uomo e di suo figlio per le strade di una Roma ancora tormentata dalle disgrazie del passato. Tre fondamenti legano una storia senza speranza: 1) la bicicletta, presto trasfigurata in pane quotidiano, assume forma di elemento imprescindibile per il vivere dignitoso. 2) La coppia padre-figlio, dalla quale emerge un senso di comunicazione espressiva, maturata tra adulto e bambino in un quadro evolutivo di ruoli interscambiabili; in quel triste peregrinare, il fanciullo prende per mano suo padre, ne comprende il dramma e lo guida. 3) Il popolo, fiumana di genti che manifesta nell'astio e finta partecipazione il proprio disinteresse. Culmine nella scena finale, dove chi blocca il protagonista ormai ladro per necessità, lo perdona, lasciandolo alla sua disperata rassegnazione. Finanziato dallo stesso De Sica, dopo il tentativo americano di produrlo (il potente David O' Selznick voleva Cary Grant al posto di Lamberto Maggiorani), con un cast di non professionisti, vive sull'audace sistema di ripresa in esterni, inizialmente non capito dal pubblico, abituato al cinema dei telefoni bianchi (alla prima del Metropolitan di Roma, molti spettatori chiesero il rimborso del biglietto). Come in precedenza per Sciuscià e in seguito per Umberto D., osteggiato dalla classe politica democristiana, con in testa Giulio Andreotti ("…i panni sporchi si lavano in famiglia…"), ereditari di quel sistema di potere che vedeva nel cinema, per buona pace di tutti, soltanto un calmiere d'intrattenimento. Distribuito in gran parte del mondo con enorme successo; negli USA, titolo Bicycle Thieves, l'organo di censura (MPAA) pretese il taglio di pochi secondi alla scena dove il bambino orina contro un muro, azione che scatenò vibrati proteste da parte della produzione italiana. Pioggia di premi da ogni parte e primo film italiano vincitore dell'Oscar nella categoria Miglior Film Straniero.
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