Nell'immediato dopoguerra, a Tokyo, un ladro, dalla personalità equivoca, ruba la pistola, con sette colpi nel caricatore, di un poliziotto, il quale, a seguito di vari omicidi consumati nella città, si mette alla sua ricerca, fin quando lo trova e con lui si impegna in un lungo duello. Alla resa dei conti, il ladro non è poi il mostro che tutti credono.
Tra neorealismo italiano e cinema gangsteristico americano, Akira Kurosawa, qui alla sua decima regia, fa un poliziesco di penetrante forza visiva, allacciato alla figura del male, espressione di una moralità negativa inalveatasi attraverso la metamorfosi della metropoli e dei suoi malfamati bassifondi. Film sull'etica dell'amicizia e della pietà, ricco di simbolismi (su tutti, il caldo e l'afa come opprimente 'sopportazione' del bombardamento atomico subito dal Giappone), espressivo nel taglio semi documentale di una grande città che muta le proprie forme, abbandona un glorioso passato e si immerge nella costante negativa di un progresso votato all'americanizzazione, totalmente fuori dalla sua cultura. All'epoca snobbato in Occidente, rivalutato a posteriori, uscì negli Usa solo all'inizio degli anni '60, come nel resto dell'Europa e in Italia addirittura nel 1984, attraverso varie rassegne e festival limitrofi.