LA SIGNORA DI SHANGAI
The Lady from Shanghai
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Dopo aver salvato da tentativo di rapina nel cuore di New York giovane moglie di un ricco avvocato paralitico, marinaio è ingaggiato da suo marito per un viaggio su uno yacht. A bordo succede di tutto e lei smaschera la sua vera identità: donna seducente ricca di una perfida incalcolabile.
Il linguaggio visivo è sempre stato la quinta essenza nel rapporto tra noir e Welles, e anche qui, seppur in un lavoro non propriamente tra i maggiori, nicchia nella larghezza della messa in scena e nel lugubre disegno schematizzato dei personaggi. Nel racconto c'è forza espressiva, nel contatto ci sono momenti indimenticabili, come la sequenza finale nella stanza degli specchi, tra spari e impossibilità di distinguere la realtà; ma anche quella nel teatro è da antologia. Rita Hayworth, moglie nella vita, ma prossima al divorzio, di Orson Welles, per vendetta del regista nei set fu resa non fulgida come sempre ma deformata in peggio. E il suo charme ne uscì talmente indebolito che la produzione della Columbia, per non intaccare il successo della propria diva di maggior prestigio, pensò bene di tenere la pellicola nei cassetti per due anni prima di farla uscire in sale periferiche e senza alcun sostentamento pubblicitario. Il film, titolo compreso, nacque per caso: Welles batteva cassa (50.000 dollari di prestito per allestire una pièce teatrale a Broadway) al magnate della Columbia Harry Coen. In cambio gli promise un thriller che già aveva in mente (ma non era vero) e quando il produttore gli chiese il titolo, Welles, spiazzato dalla richiesta, guardò la copertina di un libro che la segretaria aveva in mano; era quello del romanzo If I Die Before I Wake di Sherwood King. Gli disse il titolo e il produttore, sbalordito da tanto presunto ingegno, accettò. Solo dopo due anni, alla sua uscita, fu distribuito con il titolo The Lady from Shanghai.