LA CITTÀ DEL TERRORE
The Killer That Stalked New York
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Abbandonata dal marito, contrabbandiere di diamanti e autentico farabutto, giovane moglie si mette alla sua ricerca con addosso un quantitativo di pietre preziose da smerciare negli USA, ma durante il viaggio da Cuba a New York un marinaio, portatore sano del vaiolo, la contagia. Giunge nella city e presto diffonde il morbo tra la popolazione. Con la città nel panico, malata e ormai allo stremo, ritrova il marito e lo infetta.
Dall'articolo "Smallpox, the Killer That Stalks New York" di Milton Lehman, apparso sulla rivista Cosmopolitan Magazine nel 1948, ricavato da un fatto di cronaca realmente accaduto modificato in funzione di una crime-story, un b-noir ricco di tutti gli elementi del genere: fotografia in perfetto chiaroscuro, allestimento claustrofobico, gran ritmo, suspense allacciata a una sottotrama sentimentale, realismo visivo tra le strade newyorkesi, seppur in alcune scene appaiono edifici di Los Angeles. Inconsapevolmente presago di future allarmanti calamità (la diffusione batteriochimica), si dispone in due resoconti paralleli, crimine e aspetto sociale, quest'ultimo evidenziato attraverso una panoramica documentaria sugli effetti devastanti procurati da un'improvvisa epidemia, contro la quale neppure i vaccini possono arginare il diffondere del caos e della morte. Il moto di regia dell'inesperto Earl McEvoy, qui al suo secondo degli unici tre film diretti in carriera, tutti nell'arco di due anni, appare inadeguato nel saper disporre due criteri narrativi, allacciati tra loro ma privi di un punto di unione. Comunque notevole il finale, dove la protagonista trova la sua vendetta. Cast all'altezza, con Evelyn Keyes, progressivamente deteriorata grazie all'uso del makeup, seguita da un folto gruppo di noti caratteristi.

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