LA LEGGE DEL MITRA
Machine-Gun Kelly
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Esperto nell'uso del mitragliatore, criminale, assieme ai complici, compie con successo una rapina in banca. Ne prova un'altra, ma, condizionato dalla superstizione, alla vista di un cassa da morto, esita nel momento cruciale. Abbandonato dai suoi uomini, che lo escludono dalla gang, si mette in proprio con la sua amante, la quale, a suo modo, lo domina. Sospinto da lei, decide di sequestrare a scopo di riscatto un minore, ma tradito dai suoi ex, finisce arrestato.
Liberamente ispirato alle gesta di George Kelly, soprannominato Machine Gun (mitragliatrice), tra i più noti criminali americani dell'epoca del proibizionismo, autore di rapire e sequestri di persona, condannato all'ergastolo e morto in cella al ventesimo anno della sua detenzione, film biografico realizzato a budget minimo e in una sola settimana. Centrato sull'ultimo evento banditesco compiuto dal malvivente, il sequestro del minore (nella realtà fu sequestrato un ricco petroliere, poi liberato dalla polizia), c'è tutta la frenetica inquietudine del regista Roger Corman, che mette a frutto in un resoconto di tenuta selvaggia, costruito su toni incalzanti, violento nelle forme, incisivo nel descrivere l'uomo, un malavitoso che si fa forte soltanto con il mitra, senza l'arma in mano incapace di affrontare il pericolo, superstizioso, vigliacco, impaurito dalla morte, soggiogato dalla sua donna. Primo ruolo da protagonista per il già trentasettenne Charles Bronson, che fa bene la parte, come Susan Cabot, abile di spalla al protagonista. Buone caratterizzazioni di contorno e valido apporto tecnico-artistico, con la fotografia di Floyd Crosby e le musiche jazziste di Gerald Fried. Da non confondere con l'italiano La legge del mitra (o Vite perdute, di Roberto Mauri, con Virna Lisi e Sandra Milo), anonimo film di genere criminale uscito nello stesso anno.

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