Nel carcere di Parigi, cinque detenuti si preparano alla fuga dopo aver scavato una galleria. Ma il tradimento è in agguato.
Un "quasi capolavoro" del cinema nero francese; film di culto realizzato a costi minimi, privo di enfasi e spettacolarizzazione, crudo nel vigore individuale e deciso da tre elementi fondamentali: 1) la tecnica di ripresa, esaltata attraverso inquadrature fisse per le scene dello scavo, dove lo sguardo dei detenuti parla da solo in un palpitare di crescente tensione, 2) i personaggi, assoluti dominatori di un racconto che accarezza poeticamente il sogno di libertà, poi ineluttabilmente mutato in utopia, 3) l'atmosfera che si respira, graduale tra speranza, angoscia e amara rassegnazione. Leggendaria sequenza dello specchietto che inquadra una moltitudine di secondini pronti a sventare l'evasione, ormai fallita per mano traditrice. Scena di gran realismo; l'impostura è messa in similitudine a un così elevato numero di guardie, poiché entrambi matrici di un potere insormontabile impiantato sull'inganno e sulla forza, impietose origini della dignità sottomessa. Attori in gran parte non professionisti, con esordio contemporaneo per Philippe Leroy e Michel Constantin e primo ruolo parlato dell'allora quindicenne Catherine Spaak. Musica soltanto nei titoli, poi un accompagnamento costituito dai rumori reali del carcere e da quelli metallici scaturiti dal tunnel. Ultimo film di Jacques Becker e probabile suo miglior lavoro, dal quale presero poi spunto i vari Bresson, Siegel, Darabont e altri registi spesso votati a film di carattere carcerario.
FRA - 1960
Regia
Jacques Becker
Sceneggiatura
Jacques Becker
José Giovanni dal romanzo di José Giovanni Fotografia
Ghislain Cloquet
Musica
Philippe Arthuys
Cast
Marc Michel
Jean Keraudy
Philippe Leroy
Raymond Meunier
Michel Constantin
André Bervil
Jean-Paul Coquelin
Eddy Rasimi
Catherine Spaak