Giovane proveniente da famiglia disastrata, dopo un tentativo di furto è rinchiuso in riformatorio. Qui, il direttore, fissato con lo sport, vede in lui grandi doti atletiche e organizza una gara di maratona, nella quale il giovane dovrà confrontarsi con studenti di un prestigioso college. Pretende la vittoria, ma il ragazzo, pur di contrastarlo, a gara ampiamente dominata, con enorme vantaggio sul secondo, si ferma a pochi metri dal traguardo e non vince.
Adattato dall'omonimo romanzo breve (1959) di Alan Sillitoe, da lui stesso sceneggiato, dramma esistenzialista legato a una vicenda sportiva che offre spunto di ribellione ad un giovane recluso che odia il mondo e le sue istituzioni. Raccontato in flashback, uno dei tanti film simboli della rivolta giovanile anni '60, incluso in quella corrente cinematografica anglosassone denominata ´cinema libero´ (Free Cinema), movimento sorto nella metà degli anni '50 (mestamente esaurito vent'anni dopo), in aperto contrasto con gli studios tradizionali, di forte spunto contestativo, legato agli aspetti sociali, politicamente schierato a sinistra. Tony Richardson, regista precursore di questo nuovo cinema (girò sei film di analogo ambiente), analizza i rapporti collettivi (disagio familiare, mancata formazione, autoritarismo a sembianza di educazione preventiva) e riesce a far confluire in una storia romanzata, tra tono sperimentale e forte sporgenza realista, quegli accenti utili alla condanna della società contemporanea, falsa e ingannatrice. Ottime prove di Michael Redgrave (direttore del riformatorio) e del giovane esordiente Tom Courtenay. Arrivato nelle sale italiane quattro anni dopo l'uscita inglese, nel 1966, al solito con titolo sballato, che in nulla si accosta a quello originale.