DRIVE
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Meccanico senza nome, appassionato di auto da corsa e stuntman per il cinema a tempo perso, si diletta anche nella ruberia, offrendo vie di fuga a criminali impegnati nella rapina. Iniziano i guai quando si innamora di una donna con figlio e marito in galera. Quando quest'ultimo esce, minacciato da un boss per debiti non pagati, è costretto a piegarsi al suo volere. Lui gli offre la spalla per un colpo che dovrebbe risollevarlo, ma le cose vanno male.
Il sangue scorre a fiumi in questo crime-movie di fattura neonoir, dove l'urgenza di rappresentare il fremito appare imperativa e la somiglianza con Driver, l'imprendibile (1978, di Walter Hill) più che evidente. Precipitosamente osannato (come il giovane regista Nicolas Winding Refn), possiede una certa sinteticità narrativa e buona misura nel disegno umano che circonda il personaggio chiave, tipo imperturbabile alle prese con una natura sentimentale a lui stesso sconosciuta. Ciò che stona è il continuo ricorso al vero attore principale: l'automobile, elemento trainante di una storia sonnolente, poco approfondita e pesantemente sviluppata attraverso personaggi vacui e interpretazioni rigide. A metà strada tra nero e film d'azione, sfoggia uno stile di inquadratura abbastanza originale, ma è il solo tassello positivo di un lavoro che di estraneo alla tradizione ha ben poco, visto il continuo ricorso a citazioni e scopiazzamenti da film del passato. Dall'omonimo romanzo (2005) di James Sallis.