MULHOLLAND DRIVE
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A seguito di un incidente sulla Mulholland Drive, celebre arteria californiana che congiunge Hollywood con l'oceano, ragazza perde la memoria. Aspirante attrice fa visita alla zia e incontra la smemorata che nel frattempo si è intrufolata nella casa della parente. E mentre le due stringono un rapporto di affetto sensuale, un uomo è minacciato da un figura spaventosa e a un regista è imposta dalla mafia una debuttante per il suo film.
Vero esercizio di stile o, anche mentale, per David Lynch in un noir incorporeo e irrazionale, avvincente e deconcentrante, onirico e ambiguo, privo di trama canonica, denso di figure allarmanti, posto in essere sull'urgenza dell'interrogativo e sull'idea che il cinema non è altro che un sogno. Si presta a molteplici chiavi di lettura che, assemblate nel labirintico e sovrapposto intreccio narrativo (vero valore del film), danno forma a volumi mai corrispondenti e di conseguenza non pianificabili in un quadro di giudizio complessivo, limitato quindi al solo sipario emotivo. La suspance è sempre dietro un angolo dominato dal mistero, le scene forti non mancano (violenza, invidia accecante che genera morte, pulsioni irrefrenabili, passioni inquietanti, lesbismo di solo piacere fisico), un certo attacco al sistema hollywoodiano è facilmente intuibile, così il richiamo a percorsi interattivi verso i noir classici anni '40. Film complesso che non si fa capire, volutamente posto in un percorso dal quale il punto di domanda genera una calibrata ricerca del perché.