IL SIERO DELLA VANITÀ
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Qualcuno ha deciso l'eliminazione progressiva di popolari anchorman della TV. La polizia brancola nel buio, poi decide di affidare le indagini a un ex ispettrice, la quale assieme a un collega trova un nesso tra le sparizioni dei personaggi e uno show televisivo guidato dal profeta della tv Sonia Norton.
Alex Infascelli, figlio del regista, sceneggiatore e produttore Roberto Infascelli (La polizia ringrazia, 1972 - Febbre da cavallo, 1976), dopo l'esordio alla regia per Almost Blue (2000), ci riprova con questo neo-noir di struttura visionaria, allacciato al thriller e, a suo modo, all'horror, ricco di controsensi e illogicità, grottesco e raccapricciante, stabilito nello stacco polemico contro l'uso sviscerato di show e reality televisivi, che non cambiano ma si trasformano, trascinandosi appresso illusioni, vanità, scadimento culturale e spazzatura. Il soggetto (notevole) di Niccolò Ammaniti non decolla, tanto il film è compresso dall'eccessivo stile autoriale del regista, consumato in una visione febbricitante, scandito da immagini sanguinolenti, con tecniche ad esercizio pastellato del colore, riprese incrociate, distorsioni soggettive e montaggio confondente. Non esiste suspense, la sceneggiatura è monca e il cast di nomi eccellenti (da Margherita Buy a Valerio Mastandrea) appare sprecato, confusi in personaggi stereotipati alle prese con efferatezze assortite, funambolismi, trasformazioni e fantasticherie da spavento. Finanziato da Rai Cinemafiction e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (soldi pubblici).