Il suo nome completo era Clarence Leon Brown. Dopo la laurea in ingegneria conseguita alla University of Tennessee, è imprenditore in campo automobilistico e aeronautico attraverso il proprio stabilimento, Brown Motor Company. Arriva nel cinema quasi per caso; nel 1915, richiesto come assistente tecnico dal regista Maurice Tourner, interviene al montaggio di The Cub e, da questo momento, per cinque anni, forma coppia fissa con il cineasta francese. Nel 1920, è per la prima volta in cabina di regia, affiancando Tourner che per motivi di salute non riesce più a reggere i ritmi di produzione. Da questo momento, Brown, spinto più da passione che non da mire di guadagno, lascia la sua attività iniziale in altre mani per dedicarsi completamente al cinema. Otto anni dopo, passa alla M-G-M; qui, nel tempo, ha modo di dirigere le grandi star di Hollywood (Rodolfo Valentino, Joan Crawford e, soprattutto, Greta Garbo). Il suo stile, sembra basato su una struttura fissa a tratti fascinoso ma privo di vera creatività, si consolida nel melodramma, dove riesce a far vivere nelle figure femminili grande esterioritè, ma privandole di una vera padronanza interpretativa. Il passaggio dal muto al sonoro non crea eccessivi problemi; anzi, la praticità diventa una costante fissa in tutte le produzioni da lui dirette. È così, che film di spessore come Anna Karenina, Maria Walewska, Incatenata e La commedia umana, risultano opere di pregevole identità figurativa, ma senza un vero approfondimento analitico sui personaggi. Negli anni '40, dopo aver diretto il megafilm La grande pioggia, si dedica a varie tematiche: da quella familiare (Il cucciolo) all'avventura intimistica (Gran premio) alla rievocazione storica (Gli avventurieri di Plymouth). Non più al passo coi tempi e surclassato da registi emergenti (Aldrich, Cukor), proprio con Gli avventurieri di Plymouth lascia le scene, per ritirarsi a vita privata. Sposato tre volte con due divorzi; nell'ordine: Mona Maris, Alice Joyce e Marian Spies.
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