Il suo nome completo era Delmer Lawrence Daves. Regista hollywoodiano anni '50, autentico artigiano del western, non ha scritto o diretto film leggendari, tantomeno da primi posti al box-office, ma ha regalato alle platee spettacoli ricchi di valori morali, qualunque esso sia il genere. Lo stile del regista si basa sull'esame scrupoloso dei personaggi, spesso dotati di fiducia e nobiltà, ma sempre pervasi dal furore dell'azione, mezzo giustificativo dei loro fini. A questo, da aggiungere la particolarità tecnica che riesce a implementare nei suoi film, attraverso una completezza visiva spesso creata dalle larghe panoramiche, fino alle minuziose inquadrature ad angolo, con particolare riguardo alle riprese dall'alto per mezzo di gru o ponteggi mobili. Studia legge alla Stanford University e subito dopo aver svolto vari mestieri entra nel pianeta cinema come uomo tuttofare e attore figurante. Costruisce la propria carriera partendo dal basso, in una lunga trafila che lo ha visto prima macchinista e allestitore, poi attore, assistente, sceneggiatore, regista e produttore. In seguito scrive sceneggiature per film diretti da altri registi (Abbasso le donne del 1934 di Busby Berkeley, La foresta pietrificata del 1936 di Archie Mayo, Un grande amore del 1939 di Leo McCarey) e, finalmente, nel 1943 ottiene la sua prima regia con Destinazione Tokyo, film bellico da lui stesso scritto. La sua filmografia si può dividere in tre decenni per altrettanti generi; negli anni '40 è il cinema noir a dettare legge e Daves, allineandosi ai parametri produttivi, realizza La casa rossa (noir importante e sbrigativamente sottovalutato) e La fuga (grande successo e sua migliore regia nel nero). Per il resto, lavori di routine principalmente centrati su commedie, Ho baciato una stella, A Kiss in the Dark e film bellici come il già citato Destinazione Tokyo, C'é sempre un domani (a sorta di autoidentificazione), Le aquile del mare. Ma è nel decennio successivo che il regista pianifica il genere a lui più caro: il western. Probabilmente influenzato dai trascorsi giovanili spesi a contatto delle tribù Navajo e Hopi e quasi certamente persuaso, ai tempi del college, dalla visione del gran western epico del 1923, I pionieri di James Cruze, Daves inanella uno dietro l'altro ben 9 film sulla frontiera e ognuno di essi con tematiche differenti. L'apologo amore-vendetta-perdono in L'amante indiana, primo western americano ´semi-politico´ dove i pellerossa sono identificati non come etnia selvaggia e spietata, ma popolo che necessita degli stessi diritti dei bianchi. Ma oltre i ben riuscisti L'albero degli impiccati, Vento di terre lontane e Cowboys, primeggia da assoluto dominatore con Quel treno per Yuma, intreccio western-thriller con potenziamento sui temi della famiglia e sul sudore di chi lavora duramente la propria terra; favolosamente accompagnato dalla mitica colonna sonora di George Duning autore anche della celebre canzone "3:10 To Yuma", che in breve tempo divenne motivo internazionale. Gli anni '60 concludono il suo trentennale cammino registico d attraverso il melodramma a forti tinte. Esempi in questo genere si ritrovano in Scandalo al sole, Vento caldo e Accadde un'estate del 1965, suo ultimo film. Da ricordare, nel 1953, la direzione del kolossal storico-romano I gladiatori, sequel del più famoso La Tunica di Henry Koster, che Daves accettò di dirigere con una certa riluttanza e il risultato non fu certo tra i migliori. Negli primi anni '50 anche lui fu inquisito dalla commissione anticomunista presieduta dal senatore McCarthy, ma ne uscì illeso, dichiarando apertamente la propria americanità tramandatagli da suo nonno, celebre pioniere ai tempi del Pony Express. Sposato a Mary Lawrence, dalla quale ha avuto due figli: Deborah (che a cinque e sette anni apparve in due film diretti dal padre, Destinazione Tokyo e La fuga) e Michael, oggi assistente alla regia per la televisione.
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