Immenso regista di attori, di scene e di azione, Lubitsch ha aggiunto un modello di firma personale in tutti i suoi lavori, tramite un senso di stile e di grazia che raramente si è riscontrato sullo schermo. Regista di esilaranti commedie, tra le più graffianti e satiriche, dalle sfumature burlesche e allusive a situazioni reali, sempre in funzione nella tematica del ´doppio´, ricche di annotazioni, dove il suo famoso ´tocco´ (metafora su allusivi e non evidenziati desideri sessuali) è ben visibile in ogni circostanza. La carriera di quest'eminente pezzo da novanta della regia mondiale si può articolare in tre fasi: 1) l'iniziale, riferente alla commedia frivola, 2) l'intermedia, connessa alle grandi produzioni storico-colossali, 3) in epoca del sonoro, per quella relativa alle grandi commedie di successo. Più umanista che espressionista, Lubitsch sfugge a qualsiasi manierismo dettato dal 'vero espressionismo tedesco dei connazionali e a lui contemporanei Stroheim, Sternberg, Murnau e Pabst, per addentrarsi nella logica del virtuosismo creativo sempre stabilito dal soggetto, dalla capacità interpretativa degli attori e solo raramente in esercizio dell'estetica visiva. Quindi un regista moderno in un'epoca dove il cinema era standardizzato su cliché sperimentati e fortemente collaudati in relazione alla tradizione dei paesi dove i film erano realizzati. Nasce a Berlino da famiglia ebrea, frequenta il Sophien Gymnasium ma ben presto abbandona gli studi per iscriversi a un corso di recitazione. Notato da Max Reinhard, esordisce in teatro in un ruolo nell´"Amleto". Attratto dal cinema, è attore, subito apprezzato, in diversi film muti di livello commerciale (Meyer auf der alm, La ditta si sposa) e nel 1914 passa alla regia, spesso continuando ad interpretare il ruolo principale, scrive le sceneggiature e in molti casi, produce lui stesso i film messi in opera. Dirige grandi attori tedeschi come Emil Jannings, Ossi Oswalda e, soprattutto, Pola Negri, che ne fa l'eroina kolossal nei film storici. Si fa apprezzare con Schuhpalast Pinkus, La principessa delle ostriche, La bambola di carne e Gli occhi della mummia, poi passa alle superproduzioni in costume e ottiene subito grande successo per Il principe Sami, Sangue gitano, Madame DuBarry, Anna Bolena, Sumurrun, Theonis, la donna dei faraoni. La sua popolarità raggiunge i massimi livelli e dagli USA, nel 1922, Mary Pickford lo chiama per farsi dirigere in Rosita e da questo momento Lubitsch si stabilisce a Hollywood, trascinandosi dietro sia Jannings, sia la Negri. Negli Stati Uniti, continua il filone storico presentando La zarina, Il principe studente e Lo zar folle. È quindi la volta della commedia sofisticata e con Matrimonio in quattro (1924) ottiene il suo primo trionfo americano. Fino all'avvento del sonoro dirige un alto numero di film, tutti di un certo spessore, Tre donne, Baciami ancora, Il ventaglio di Lady Windermere e Il principe consorte. Con il parlato, Lubitsch raggiunge i più alti valori di regia; in serie e uno migliore dell'altro, realizza Montecarlo (1930), L'allegro tenente (1931), Un'ora d'amore (1932), Mancia competente (1932), Partita a quattro (1933), La vedova allegra (1934), Angelo (1937), L'ottava moglie di Barbablù (1938) fino ad arrivare all'apogeo di Ninotchka (1939) con la strepitosa interpretazione di Greta Garbo. Negli anni '40, ancora successi con Scrivimi fermo posta (1940), Quell'incerto sentimento (1941), Vogliamo vivere! (1943), feroce sberleffo alla Germania nazista, Il cielo può attendere (1943), raffinata esposizione tra vita e morte, Scandalo a corte (1945) e Fra le tue braccia (1946). Muore improvvisamente di attacco cardiaco sul set di La signora in ermellino (1948), film portato a termine da Otto Preminger. Sposato due volte con altrettanti divorzi; prima con Helene Kraus, poi con l'attrice Vivian Gaye, dalla quale ha un figlio, Nicola.
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