Filmaker californiano, multifunzionale, ha costruito la carriera sull'onda di produzioni che variano in ogni genere. Stilisticamente ordinario, non enfatico ma sintetico nella valorizzazione delle proprie opere che tendono principalmente all'identificazione della mitologia americana ancorata alle radici della patria. Tra commedia, musical, noir, melodrammi, film storici, religiosi, western ed esotici, ha sempre rappresentato il soggetto in forma malinconica e dimessa a fronte dell'ineluttabilità del caso o di circostanze annesse. Molto considerato (e premiato) in America, al contrario, la critica europea non la ha mai stimato eccessivamente, valutando la sua funzione di regista in linea con il fabbisogno produttivo dell'industria cinematografica hollywoodiana; quindi, non un creativo ma un semplice artigiano del cinema. Tuttavia, l'eccessiva analisi non può sottrarsi all'evidenza dei fatti; la sua metodologia trasuda forme collaudate ma applica schemi sintomatici alla realtà comune, spesso costruita attorno all'identificazione sociale come ne fanno testo i suoi lavori più famosi. Figlio d'arte, dall'attore Landers Stevens e dall'attrice Georgie Cooper, giovanissimo, si inserisce nel mondo del cinema dove svolge iniziale funzione di operatore presso la Hal Roach. Passa alla regia e in breve realizza una decina di short-comedy a una e due bobine, molti dei quali interpretati dal duo Stan Laurel-Oliver Hardy. Successivamente, dopo un breve intervallo alla Paramount passa alla RKO; qui prosegue la sua attività di cortometrista fino al 1934, quando passa al lungometraggio e un anno dopo filma il suo primo successo personale, Primo amore. Presso lo studios, distingue i propri soggetti alternandoli tra musical e commedie. Ottiene consensi per Follie d'inverno (1936), Dolce inganno (1937) e Una donna vivace (1938). Nel 1939 gira l'esotico Gunga Din, in risposta all'acclamato film inglese Le quattro piume dello stesso anno. Arruolato alle unità speciali di documentazione, parte per il fronte bellico della Seconda Guerra Mondiale e filma due documentari sui campi di concentramento tedeschi: Nazi Concentration Camps e The Nazi Plan. Cessate le ostilità, torna alla regia pronto a mettere in scena il melodramma attentamente variegato in più generi, compreso il western (Il cavaliere della valle solitaria, 1953). Con Un posto al sole (1951), probabilmente sua opera di maggior pregio, identifica le differenze di classe nel ceto sociale americano del periodo e con Il gigante, seppur prolisso e magniloquente, mette in scena un affresco dell'America contemporanea che sa offrire fortuna a chi merita di guadagnarla, ma annienta ogni forma di sconfitta personale. Dopo il successo de Il gigante, i suoi interventi iniziano a rarefarsi; in 14 anni realizza tre soli film. Nel 1959 dirige Il diario di Anna Frank, film dai toni populisti, che descrive in accento solenne e molto romanzato un fatto tragico realmente accaduto. Negli anni sessanta realizza La più grande storia mai raccontata (1965), lunghissimo e interminabile sermone sulla vita di Cristo, americanizzato all'eccesso con scenari della Monument Valley e parata delle grandi star di Hollywood, compreso un risibile John Wayne nella parte di un centurione romano. Chiude la carriera nel 1970 con L' unico gioco in città. Sposato all'attrice Yvonne Howell, dalla quale ha un figlio, George jr. noto produttore (La sottile linea rossa, 1998). Divorzia nel 1947 e nel 1968 si risposa con Joan McTavish.
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