Nasce a Roma nel 1938 su progetto dei fratelli Michele e Salvatore Scalera, imprenditori e costruttori, che lasciano così il consiglio di amministrazione della Lux Film. Inizialmente, affidata la direzione a Giulio Valenti e Carlo Roncoroni, la Scalera Film produce tutta una serie di film identificabili nei generi melodrammatico in costume e commedie. Poi, nel 1944, dopo il fatidico 8 Settembre che segnò la migrazione fascista da Cinecittà, apre gli studi di produzione a Giudecca, isola antistante Venezia, divenuta nel periodo capitale del cinema italiano. L'impronta della casa di produzione è assimilabile allo studio-system americano, pur con tutti i limiti economici che la separano dalle grandi major e minor di Hollywood. Attivissima nell'organizzazione, negli anni diventa un punto fermo della cinematografia italiana; in progressione, raccoglie attorno a se le migliori star nazionali e registi di prestigio: da interpreti come Evi Maltagliati, Ermete Zacconi, Fosco Giacchetti, Cesco Baseggio, Emilio e Giovanna Cigoli, Gino Cavalieri, Osvaldo Valenti, Luisa Ferida, Gino Cervi, Amedeo Nazzari, Alida Valli, Rossano Brazzi, a registi del calibro di Mario Bonnard, Camillo Mastrocinque, Francesco De Robertis, Jacques de Baroncelli e, in seguito, Goffredo Alessandrini, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica. Titoli di valore sono riconducibili a Processo e morte di Socrate (1939), Miseria e nobiltà (1940), Lucrezia Borgia (1940), Tosca (1941), Noi vivi, addio Kira! (1942), Giarabub (1942), Don Giovanni (1942), I bambini ci guardano (1944), Senza famiglia (1946), La vita semplice (1946), La gondola del diavolo (1946), Lohengrin (1947), Mare nostrum (1948), Rocambole (1948).
Termina la sua attività nel 1950, ma lascia i teatri di posa a produzioni esterne sotto egida di un consorzio stabile locale. Senso (di Luchino Visconti), Camice rosse (di Goffredo Alessandrini), Il ladro di Venezia (di John Brahm) e Otello (di Orson Welles) sono soltanto alcuni esempi di film prestigiosi girati all'interno degli stabilimenti Scalera dal 1950 e in seguito. Poi, con il passare dei decenni, l'abbandono definitivo; ad oggi, degli ampi padiglioni rimangono soltanto mura pericolanti, a ricordo del periodo forse più fulgido del cinema italiano.




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Kolossal a confronto - 2002