
Il suo nome completo era King Wallis Vidor. Tra i padri fondatori di Hollywood, precursore dei generi filmici e tra i primi personaggi ad aver partecipato all'avvento dell'antesignano system-studios. Nel cinema, la sua ispirazione è dettata da temi connessi alla libertà individuale, rappresentata da scenari epici di contorno che rafforzano il movimento personale costruito sull'integrità etica del soggetto. Patria, fede religiosa, dovere, socialità, sono i temi ricorrenti nelle sue opere, che manifestano nell'uomo la piena libertà, autonomamente, artefice delle virtù collettive. Descrittore delle abitudini, regista decantatore dell'uomo medio spesso valorizzato in forme da antieroe, propende verso una visione umanistica, accompagnata da un'affascinante visuale di stile eclettico e magniloquente, dove l'eterogeneità di un complesso ambizioso e intricato viaggia a pari passo con esposizioni volutamente spettacolari. Discendente da un casato ungherese da parte di nonni materni, figlio di un ricco latifondista, spinto da interessi artistici lascia presto l'accademia militare, per dedicarsi alla realizzazione di documentari inerenti all'attualità. Arriva quindi a Hollywood e insieme alla prima moglie, Florence Arto (presto attrice di successo con il nome di Florence Vidor), inizia l'attività come comparsa e assistente di studio. Nei primi anni '10, dopo aver scritto diverse sceneggiature e frequentato i set di D. W. Griffith, da cui assoggetta notevole influenza, realizza una serie di cortometraggi improntati su argomenti di sfera drammatica. Lavora per la First National e nel 1919 fonda un proprio studio di produzione, il Vidor Village, che però nel giro di poco tempo cessa di esistere. Negli anni '20, presso la M-G-M, realizza il sontuoso La grande parata (1925), muto bellico di proporzioni spettacolari, dove la guerra è messa al bando come male estremo dell'umanità. In seguito gira opere di grande ingegno figurativo, contrapposte nei generi con disarmante facilità: La Bohéme (1926), La folla (1928), Maschere di celluloide (1928) e Alleluja! (1929), suo miglior film in epoca del silent-movie. Con l'avvento del sonoro, la sua filmografia si fa ancora più corposa ed energica. Affronta varie tematiche con Il campione (1931), Nostro pane quotidiano (1934), Amore sublime (1937), La cittadella (1938). Negli anni '40 dirige film di grande sforzo produttivo come Passaggio a Nord-Ovest (1940) e L'uomo venuto da lontano (1944), suo primo film in Techicolor (che non amava molto) e sua ultima fatica per la M-G-M, che accorciò il film di un terzo portando alla rottura il rapporto tra il regista a la major. Resosi autonomo, nel 1946, accetta l'invito produttore David O' Selznick, il quale, nel tentativo di emulare il proprio gioiello Via col vento (1939), gli affida la direzione di Duello al sole, affresco del western crepuscolare, che Vidor, per continue interferenze esterne, non riuscì dirigere come avrebbe voluto. Lascia i set di ripresa a metà film, sostituito da un esercito di registi (Sidney Franklin, Otto Brower, William Dieterle, Josef von Sternberg, William Cameron Menzies) e dallo stesso Selznick, il quale però, a fronte dell'importanza del nome di Vidor, non poté sottrarsi nell'accreditarlo primo regista del film. Nel periodo è autore di La fonte meravigliosa (1949), Peccato (1949) e Ruby, fiore selvaggio (1953). Gli ultimi suoi lavori si riversano sul kolossal. Dirige la famosissima megaproduzione italo-americana Guerra e Pace (1956) e poi, chiude con il biblico Salomone e la regina di Saba (1959). Inizialmente sposato a Florence Arto (una figlia, Suzanne), divorzia per l'attrice Eleanor Boardman (due figlie, Antonia e Belinda); dopo la separazione da quest'ultima si risposa per la terza volta con Elizabeth Hill.
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