A Social Celebrity
(1926)
It's the Old Army Game
(1926)
Rolled Stockings
(1927)
Capitan Barbablù
(1928, A Girl in Every Port)
I mendicanti della vita
(1928, Beggars of Life)
Il vaso di Pandora
(1929, Die Buchse der Pandora)
Diario di una donna perduta
(1929, Tagebuch einer Verlorenen)
The Canary Murder Case
(1929)
Miss Europa
(1930, Prix de beauté)
Cavalca e spara
(1938, Overland Stage Raiders)











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Il suo nome completo era Mary Louise Brooks. Probabilmente la più affascinante e meno nota tra le attrici americane del cinema muto, capace di trasmettere attraverso i suoi personaggi un'accentuata carica di erotismo unita a provocante senso di perversione, tali da annoverarla come la più fulgida femme fatale del silent-movie. Magra, non molto alta, lineamenti del viso perfetti, straordinario splendore della pelle, ricordata soprattutto per lo sguardo sensuale, il tono dei movimenti e il taglio di capelli frangettati a caschetto in versione maschile. Nell'insieme, anche per il seno non pronunciato, spesso additata, pur senza esserlo, come figura istigatrice di inquietudini ad accento bisessuale. Estromessa da Hollywood per il suo carattere anticonformista, vittima di un raggiro da parte degli studios, che non gli hanno mai perdonato le sue preferenze verso il cinema europeo anziché quello americano, in breve è scalzata dal ruolo di sex-symbol a favore di altre star come Marlene Dietrich e Greta Garbo. Da famiglia facoltosa, dopo gli studi di base al County High School di Montgomery, inizia giovanissima come ballerina nella compagnia Cherryvale Opera House del Mississippi, poi nel Ruth Saint Denis di Ted Shawn; si distingue in due lavori di successo ('Scandales' e 'Ziegfield Follies') per poi approdare al cinema nella metà degli anni '20. Firma un lungo contratto con la Paramount che però non rispetta - malgrado il lancio in film come che la proiettano verso la notorietà come Capitan Barbablù di Howard Hawks e I mendicanti della vita di William Wellman - per seguire l'invito del regista tedesco W. C. Pabst che la sceglie, preferendola alla Dietrich, prima come protagonista nel ruolo di Lulù in Il vaso di Pandora (1928), tratto da due testi teatrali di F. Wedekind e, l'anno seguente, per l'aspro melodramma Diario di una donna perduta, critica violenta contro il finto perbenismo borghese. I due film, celebrati in tutta Europa, negli Usa sono un fiasco. Rientrata negli States, con l'avvento del sonoro lavora ancora per registi di fama come Curtiz, Tuttle e Sherman, ma sempre in ruoli minori e in produzioni secondarie, fin quando nel 1938, dopo aver interpretato un ruolo in Cavalca e spara decide il ritiro. Si trasferisce nella sua proprietà di Rochester a New York per dedicarsi alla letteratura, pittura e interventi in programmi radiofonici. Scrive saggi sul cinema, registi e colleghe vamp del periodo d'oro, critica aspramente le majors definendole 'perdizione di ogni anima'. Finita nel dimenticatoio per quasi un ventennio, nel 1955, in occasione del "60 ans de cinéma", mostra presso il Musée National d'Art Moderne di Parigi, il suo nome è riportato in auge dal critico Henri Langlois attraverso il celebre slogan "Non c'è Garbo, non c'è Dietrich! C'è solo Louise Brooks!", che la riconsegna nuovamente ad un'attenta analisi di rivalutazione in tutto il mondo. Su di lei scritti un numero imprecisato di libri e saggi; tra questi, il celebre 'Louise Brooks par Louise Brooks', stampato in Francia nel 1983. Muore d'infarto a 78 anni. Moglie del regista A. Edward Sutherland, divorzia per il miliardario Deering Davis, che lascia dopo cinque anni di matrimonio. Fuori dai matrimoni, è stata amante di Charlie Chaplin e dell'intrattenitore radiofonico della CBS William S. Paley. Non ha avuto figli.







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